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Genitori e figli oggi: la figura dell'educatore al loro fianco

In tema di famiglia e società, oggi questioni legate alla genitorialità e ai minori richiedono sempre più attenzione. In questo contesto opera la figura professionale dell'educatore.


L'educatore lavora al nido, a scuola o con i disabili e, nei casi di interventi domiciliari, negli incontri protetti e nelle separazioni conflittuali, quando è chiamato dai servizi sociali su prescrizione del tribunale. Una figura professionale che si conosce poco e che in quest'ultimo campo entra in scena quando la conflittualità è talmente alta che un figlio non riesce a vedere un genitore o quando ci sono denunce (vere o false) talmente gravi per cui serve uno spazio neutro per il diritto di visita.


Alcuni educatori riescono a trasformare il mondo in uno spazio neutro, altri non sanno bene qual è il loro lavoro. Non c'è albo. Legalmente per fare l'educatore basta avere la maturità, l'educatore laureato in scienze dell'educazione studia più discipline (pedagogia, psicologia, antropologia, sociologia, filosofia); molti psicologi, quando non trovano lavoro, fanno gli educatori ma hanno un approccio che non sempre funziona in termini di "educazione".

Mentre gli psicologi si occupano della parte malata, gli educatori lavorano sulla parte sana. L'educatore lavora "con" e non "per" e opera sulla parte sana delle persone, centrato sulle relazioni più che sui soggetti in sé.

L'educatore professionale è principalmente un educatore naturale con più competenze, con più strumenti, mosso da "intenzionalità educativa". L'obiettivo dell'educatore è "trarre fuori", cioè stimolare la possibilità di crescere di migliorarsi. Sia che si tratti di un infante, di un adulto, di un anziano, di un disabile, di un malato psichiatrico, di un tossicodipendente, la centratura è la relazione che si fa educativa.


L'educatore non dovrebbe mai fare o dire cose a caso. Ci deve sempre essere dietro un'intenzionalità educativa che guida l'azione. Ciò emerge in modo naturale dal personaggio di Andrea del libro Padri Imperfetti, dove ho trasferito la mia esperienza di educatore.

Attraverso storie diverse, che rispecchiano una realtà difficile che ogni giorno affrontano genitori e figli, Andrea porta il lettore dentro le mura famigliari di “famiglie interrotte”, dove accanto ai padri, alle madri e ai figli, interagiscono anche figure esterne come assistenti sociali, psicologi, pedagogisti, educatori, avvocati, magistrati, insegnanti e tutti coloro che - direttamente e non - hanno a che fare con la cura, l'educazione e la crescita dei bambini e dei giovani.

Il trait d'union delle diverse storie è proprio Andrea, un educatore che ha il compito di tentare di ricucire le relazioni familiari, ma è anche un uomo e – a sua volta – un padre, che cerca di barcamenarsi nel suo ruolo professionale e in quello privato. Con tutti i dubbi e le perplessità del caso.

Le vite dei protagonisti di Padri Imperfetti, come quelle reali con cui interagisco nella mia vita professionale, si intrecciano con quella dell'educatore in un continuo viaggio (fisico e metaforico) tra le esistenze degli altri, nelle loro case, nei loro viaggi, nelle loro fughe, nelle loro paure.


Andrea rappresenta l'educatore che cercare di sostenere gli adulti nel loro ruolo genitoriale, senza proporre ricette ma aiutandoli a scoprire, dentro di loro, limiti e risorse. La fatica principale è quella di riportarli costantemente e faticosamente al loro ruolo principale di madre e di padre. Andrea si occupa anche di accompagnare i ragazzi verso la conoscenza di se stessi e dei propri genitori, senza idealizzarli o colpevolizzarli. Ma ogni viaggio di questo genere non è esente da fatiche ed emozioni perché il ruolo professionale è costantemente permeato dal personale: Andrea vive le storie che attraversa in prima persona, ne diventa protagonista egli stesso ma deve fare attenzione a non esserne fagocitato. Altrimenti la sua vita privata ne risentirà.


E questo è ciò che succede anche a me ogni giorno. Come Andrea, anche io cerco di mantenere gli equilibri all'interno della mia professione, così delicata, e tra questa e la mia privata, affrontando difficoltà (di altri) e la mia personale crescita come padre. Un padre, naturalmente imperfetto.


Alessandro Curti lavora da più di vent'anni nel campo dei minori e delle famiglie con forte disagio sociale e attualmente collabora con gli Uffici di Tutela Minori su casi inviati dal Tribunale per i Minorenni o dal Tribunale Ordinario.



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