top of page

Dalla realtà virtuale a quella reale

  • Nadir Malizia
  • 9 ago 2015
  • Tempo di lettura: 3 min

Nella mia vita le barriere architettoniche sono un ostacolo notevole che mi impedisce di svolgere una vita autonoma. Se molti fanno finta che il problema non sussista, se molti non ascoltano il disagio di noi disabili e molto occorre ancora fare, personalmente mi sono sempre battuto per far abbattere le barriere architettoniche. Mi ricordo quando iniziai il primo anno di università nel 2001: in quel periodo iniziò anche la mia battaglia per far mettere i bagni per i disabili, fino ad allora inesistenti. Da subito feci presente il problema al Responsabile, e dopo neanche una settimana, cominciarono i lavori senza battere ciglio. Ho anche fatto richiesta al Rettore per un montacarichi, al fine di poter far andare nella sala studio anche i disabili. Ci sono voluti diversi anni, ma alla fine tra tanti no, anche questa battaglia è stata vinta. Battaglia, battersi... sono termini che rappresentano le difficoltà di un disabile davanti alle barriere architettoniche. Se oggi ancora esistono molte barriere, occorre pensare anche alle generazioni future, per far sì che non abbiano ostacoli e che possano avere la strada spianata per una loro autonomia. Basti pensare ai marciapiedi, all'impossibilità di poter entrare in un negozio o in un qualsiasi esercizio pubblico per colpa di uno scalino. Qualche mese fa lessi su Facebook (il più delle volte i social network ci fanno scoprire delle realtà molto lontane da noi e che pensavamo impossibili da realizzare) a proposito delle pedane installate davanti all'entrata dei negozi. Rimasi colpito. Tutto ciò si svolge in una città della Danimarca, un paese molto sensibile di fronte a questa tematica: ad ogni esercizio pubblico il comune mette a disposizione una pedana senza chiedere nulla in cambio al negoziante, e degli addetti vengono a montarla personalmente. Vogliono che le persone disabili siano parte integrante della società ma sopratutto che abbiano una vita autonoma. Pensando all'Italia, la pedana è vista da alcuni comuni come un qualcosa che occupa il suolo e che potrebbe dar fastidio ai passanti mentre camminano oppure che è antiestetica. Vivo con la mia disabilità da quando sono nato e spero che parlandone si possa smuovere qualche anima in più, che abbia cuore il bene di noi disabili. L'intervista che sfata sei stereotipi sui disabili, su WEST qui

Nadir Malizia, nato a Cremona, classe '76, è Giurista specializzato in Diritto Internazionale dell'Unione Europea. Fin da quando era adolescente ama scrivere per esprimere le proprie emozioni. Vita su Quattro Ruote è il suo primo libro autobiografico. “Io mi sento un uomo normale, purtroppo vivo in una società disabile che non vuole vedere al di là dei propri occhi”. Apre così il secondo capitolo del libro, che si compone di 16 capitoli più una poesia finale dedicata all’Amicizia. Con uno stile diretto, misto tra ricordi e pensieri, Nadir affronta il tema della disabilità, che lo accompagna da quando è nato, trasferendo la parte più intima di sé in queste pagine con l’intento di far capire cosa significhi la diversità e meglio ancora cosa significhi vivere in una società dove basterebbe poco per evitare situazioni di disagio provocate dalla società stessa. Il libro "Vita su Quattro Ruote" si rivolge a coloro che non vivono direttamente una disabilità ma che magari hanno un amico disabile e quindi questo potrebbe essere un primo approccio al tema della disabilità. Oppure potrebbe essere un aiuto a tutti genitori che per paura, timore, non sanno come vivere la disabilità del proprio figlio. Leggendo il libro si possono avere tanti spunti, ad esempio se hai una disabilità non significa che la vita finisce ma con gli stimoli giusti e il sostegno della famiglia la vita continua anche se bisogna osservala in una prospettiva completamente diversa. O magari potrebbe rivolgersi agli stessi disabili che non riescono ad accettare la propria condizione, ma forse, se leggeranno questo libro, riusciranno a comprendere che si può svolgere una vita normale, si può fare qualsiasi cosa, basta volerlo. Vorrei che il libro diventi una "guida" anche se non lo è. Avere una disabilità non significa essere diversi ma avere invece una spinta in più, vedendo tutto ciò in modo positivo.


 
 
 

Comentarios


         CultAct

                                                                                              - Blog culturale e di attualità -

2015 by Gruppo C1V Edizioni P.IVA 12827221008

bottom of page